Si parla di falsa malattia per indicare un comportamento fraudolento che consiste nell’inviare un regolare certificato di malattia al lavoro senza però stare davvero male. In pratica, mente sulle sue condizioni di salute. Il dipendente percepisce parte del suo stipendio grazie all’indennità di malattia, ma invece che rispettare le fasce orarie previste, va in giro per la città a fare le sue commissioni oppure svolge una seconda attività lavorativa, spesso in nero. Vediamo allora di capire in quali casi la malattia di un dipendente può esser ritenuta sospetta.

Dopo le ferie

Anzitutto, è quasi doveroso sospettare della malafede di un lavoratore nel momento in cui invia il certificato di malattia il girono in cui dovrebbe rientrare dalle ferie. In passato si è scoperto grazie all’intervento di un valido investigatore privato a Milano che si occupa di controllo dipendenti, che chi faceva così, non era nemmeno rientrato in città ma chiamava direttamente dai luoghi di villeggiatura, segno della premeditazione di tutto.

Prima delle feste patronali e simili

In occasione di feste patronali, festività comandate e simili, i furbetti che hanno intenzione di stare più lontano possibile dalla scrivania in ufficio, tendono a iniziare il certificato. L’intento è quello di fare un bel ponte, anche se l’azienda resta aperta come gli altri giorni. Nella loro testa, la malattia è un ottimo modo per tramutare un giorno prefestivo da lavorativo a non, facendo però un danno non da poco all’impresa.

A ridosso del fine settimana

Infine, secondo un valido investigatore privato a Milano esperto in casi di finta malattia, spesso succede che i lavativi tendano a mandare il certificato di malattia a ridosso del weekend. Se da un alto si inizia a parlare di settimana lavorativa corta di soli 4 gironi invece che 5, per alcuni tutto ciò è già realtà. Infatti, si allungano il weekend aggiungendo il venerdì o il lunedì. Si fanno una sorta di “fine settimana lungo” ai danni dell’impresa e non solo poiché di mezzo c’è anche lo Stato, sotto forma dell’INPS.

Di Grey